Viaggio in Nevada da Vincent e Catherine

LU e LO NEL FAR WEST!

           1-16 Agosto 2002

Pionieri


(tutte le foto in un'unica pagina...)

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           Invito di Vincent (compagno di scuola del papa' delladi Lucia) e sua
           moglie Catherine a passare le vacanze da loro: "... Do you ride?  We
           have a couple of really gentle horses and in summer it is beautiful to
           ride in the desert at sunset." Lucia, quando si parte!?! ACTION!

Dalla East Coast al Vecchio West

Dopo qualche preparativo, partiamo speranzosi il primo agosto con
tutta l'attrezzatura pronta. Lorenzo compra un nuovo fornellino a
benzina consigliato da Simone. Meno male, perche' li' bisogna bollire
tutta l'acqua che e' contaminata da parassiti e con i fornellini a
bombole avremmo dovuto avere un'autocisterna di gas. Dopo aver
attraversato tutta Boston per un paio di volte sotto il sole a picco
riusciamo a trovare fornello economico e bottiglia per la benzina. A
casa lo proviamo e funziona veramente bene, forse meglio di quello di
Simone. Lorenzo ne e' quantomai fiero: si sente pronto ad affrontare
anche un'escursione sulla Luna con questo fornellino.  SUPERMAC!
SUPERENTUASIAMO!. Ma la sperimentazione a casa e' la miccia di una
arrabbiatura colossale che segna ufficialmente il roseo inizio del
viaggio. All'aereoporto ci sequestrano la bottiglia della benzina
(costataci l'attraversamento di tutta Boston a 100 gradi Fahrenheit)
perche' puzza leggermente di benzina!!! Dopo il sequestro il Logan
Airport trema per le imprecazioni di Lorenzo. Per fortuna l'ira
funesta si placa in aereo e riusciamo ad arrivare a Reno (via Los
Angeles).  Mentre ignari aspettiamo Vincent all'aeroporto, emozionati
e incuriositi dalle slot machines, la sua macchina rimane bloccata non
una non due, bensi' tre volte per strada perche' la batteria non va
piu'. Alla fine viene Catherine a raccattarci con il pickup. Ci
spiaccichiamo dentro in tre e avvolgiamo gli zaini nel provvidenziale
telo acquistato a Boston con fornelletto e bottiglie: sta piovendo
fortissimo, evento del tutto eccezionale in quella zona del Nevada in
piena estate, e in piu' poco prima la radio locale ha lanciato
l'allarme per l'arrivo di un tornado.  Non sara' mica che l'arrivo di
Lu. e Lo. sta scatenando qualcosa di strano?????????

Finalmente arriviamo a casa loro a 30 miglia da Reno, otto delle quali
sono su strada sterrata. E' una log cabin in stile western che sembra
uscita da un film di Sergio Leone ed e' in un surreale paesaggio
semidesertico o con termine tecnico di Lucia "landa arida ad arbusti
bassi con grado di copertura inferiore al 20%". A Lorenzo non gliene
frega niente della definizione di Lucia: si sente gia' un pioniere in
cerca dell'oro.  O piuttosto dell'acqua: Vincent e Cathe hanno dovuto
trivellare fino a 850 piedi per trovare questo prezioso bene. E la sua
preziosita' non tardera' a manifestarsi....  Hanno 4 cavalli, 2 cani,
2 gatti e 3 galline. Ora si dovranno sorbire anche noi due asini
nonche' divoratori di cibo, soprattutto al ritorno dal trekking. Nella
zona ci sono falchi e coyotes e, infatti, prima della dipartita finale
le galline gia' diventeranno due (se si esclude quel pollo della
Lucia). La prima sera andiamo a letto presto per il jet lag e si dorme
come sassi, anche perche' nel deserto c'e' SILENZIO TOTALE: se una
mosca starnutisce la si sente a 100 metri di distanza. Forse a Lorenzo
manca gia' quell'ameno rumore di fondo che caratterizza la sua
metropoli tanto amata........

Il giorno dopo andiamo a fare un giro a cavallo nel deserto (meglio
landa arbustata etc etc). Possiamo andare dove vogliamo, tanto non
c'e' assolutamente nulla. Ci divertiamo molto, nonostante l'imbarazzo
nel controllare i cavalli che sono piuttosto "indipendenti". Lucia ha
qualche problema con la sella di Nacho, che e' un po' grasso (diciamo
pure subsferico) e la sella scivola da un lato! Galoppare nel deserto
da' una senzazione veramente esilarante e di totale liberta'. La Lucia
si lamenta perche' il suo cavallo parte all'improvviso quando quel
genio di Lorenzo lancia al suo cavallo il segnale del galoppo e quello
di Lucia lo segue a ruota. E poi che male al fondoschiena! Dopo un
lauto pasto accompagnato dalla birra, seconda compagna di vita di
Vincent dopo Cathe, partiamo alla volta di Reno (45 minuti di macchina
con limiti di velocita' lumachevoli su rettilinei da 200 all'ora:
that's America) a cercare la bottiglia per la benzina e a vedere i
casino'. Giochiamo una monetina a testa nelle slot machines ma non
vinciamo niente. Vincent, invece, vince quasi un dollaro e, unico
nella storia di tutta Reno, esce dal casino' piu' ricco di quanto era
entrato!! I casino' sembrano alquanto squallidi rispetto a quelli che
si vedono nei films di Las Vegas, ma ce ne sono a centinaia tutti
scintillanti e sbrilluccicanti. E poi Vincent ci rassicura dicendoci
che Las Vegas non e' tanto la citta' del vero gioco d'azzardo ma dei
divertimenti, quasi un immenso circo per adulti e bambini. Lucia
inorridisce...  La strada principale di Reno ha i casino' allineati a
destra e i banchi di pegno allineati a sinistra. Ogni tanto c'e' anche
qualche cappelletta dove ci si puo' sposare per 15$, anello di
diamante compreso. Se vuoi anche la limousine devi pagare qualcosa in
piu': cinque dollari supplementari. Molto divertente. E' divertente
soprattutto vedere l'espressione ebete delle persone che giocano alle
slot machines, mettendo una monetina dietro l'altra e premendo un
pulsante: moneta-pulsante-moneta-pulsante. Cosi' per ore. Che sforzo
intellettivo che richiede questa attivita'! La mente ne esce davvero
arricchita. Come leggere Tolstoy e Kafka e Dostoevsky l'uno dietro
l'altro! Nelle roulettes c'e' l'elenco degli ultimi numeri usciti,
cosi' qualcuno ignorante di statistica puo' giocare i numeri non
usciti da tanto...  Alla sera mangiamo un fantastico barbeque:
bistecche "western" alte un dito condite con salse stranissime e
buonissime e torta di pumpkin. Lorenzo diventa un ciccione a vista
d'occhio mentre Lucia assimila tante proteine di origine animale
quante ne aveva assimilate negli ultimi quattro anni.

Il mattino dopo partiamo per un nuovo giro a cavallo ma questi
artistocratici animali (o ferventi sindacalisti, all'estremo opposto)
non ne vogliono sapere di muoversi molto e finiamo per tirarli andando
a piedi per un bel pezzo. Verra' fuori che Tumbleweed ha male agli
zoccoli e non vuole camminare sui sassi. Questo non gli impedisce di
partire al galoppo al ritorno appena vede la casa e la mangiatoia
piena!! Per fortuna Lucia va a piedi e Nacho sta buono. L'uscita e'
molto divertente lo stesso anche perche' oggi la sella di Nacho
scivola di meno. Poi Vincent fornisce a Lorenzo di un completo da
cowboy
: cappello, pantaloni, cinturone, pistola e fucile; man mano che
aggiunge pezzi Lorenzo si esalta sempre di piu' e allo stesso tempo la
sua eta' intellettiva di abbassa. Eccolo proprio come si vestiva
quando aveva quattro anni e giocava agli indiani e ai cowboy. Con la
differenza che stavolta le pistole funzionano davvero. Si finisce col
giocare al tiro al bersaglio contro una povera bomboletta innocente in
mezzo al deserto. Anche senza occhiali Lorenzo se la cava abbastanza
con il fucile, nonostante il terrore di Lucia che vorrebbe essere in
un rifugio antiatomico per l'occasione. Vincent invece ispira molta
piu' fiducia. Lui si' che e' un vero cowboy! Con la pistola e' molto
molto piu' difficile, ma qualche centro lo si azzecca pure li', con
crescente terrore di Lucia.

Comincia il trekking


Il giorno dopo si parte per il trekking: seguendo i consigli della
guida, partiamo di domenica pomeriggio in modo da minimizzare la
presenza di altre persone (misantropia estrema): nel weekend alcune
zone sono molto frequentate. Abbiamo solo un'idea di massima del
percorso da fare perche' in America le cartine dettagliate delle
montagne sono piu' rare dell'oro. I nostri eroi sembrano proprio dei
veri pionieri del 2002! Sappiamo solo che vogliamo attraversare due
"wilderness area" e per fare cio' bisogna avere l'autorizzazione dei
rangers; siamo ottimisti sulla possibilita' di trovare una cartina da
loro.  Partiamo da casa intorno alle undici con Vincent e
Catherine. Dopo un'ora e mezza di macchina compare il mitico e
agognato Lago Tahoe. Che spettacolo! Che luce, che colori! Ci fermiamo
per un pic nic molto piacevole: gia' si respira aria di montagna. E
poi via, alla volta....delle stazioni dei rangers! Vincent e Cathe
sono MOLTO gentili e ci accompagnano in una stazione dei rangers per
avere il permesso. E qui la seconda arrabbiatura di Lorenzo quando
scopre che in questa stazione si puo' prendere il permesso per una
sola delle due wilderness areas che attraverseremo: per l'altra
bisogna andare a un'altra stazione! In piu' i rangers non hanno piu'
cartine della zona: possibile????????? Si! "Potrebbe esserci nel tal
negozio o nel talaltro", dice sorridente la ranger. Argh! Di nuovo
Vincent e Cathe ci scarrozzano in lungo e in largo e finalmente in un
negozio di articoli da montagna troviamo un carta ben detagliata. Una
buona cartina vale quanto mille relazioni e guide e in pochi minuti
abbiamo gia' delineato un percorso di massima che sembra (e in effetti
si rivelera') buono, isolato e al nostro livello. Il percorso
effettivo lo decideremo poi giorno per giorno a seconda della voglia
di camminare di ognuno. Guardacaso il negozio vende anche le bottiglie
specifiche per il nostro fornellino...no comment. Tanto nella prima
stazione dei rangers quanto nella seconda di raccomandano di bollire
tutta l'acqua e di appendere il cibo per evitare che gli orsi lo
mangino, anche se in questa zona gli orsi non danno molto fastidio
alle persone a piedi (al contrario di Yosemite, dove hanno anche
imparato a recuperare il cibo appeso agli alberi).

Finalmente dopo i permessi, la carta, le raccomandazioni ci
siamo. Ultimo tratto in automobile con Vincent e Cathe fino a Caples
Lake. All'imbocco del sentiero Vincent e Catherine ci lasciano un po'
perplessi e partiamo finalmente. E li' inizia la lotta di Lucia con lo
zaino, provvisto di un perno nello schienale che scaverebbe anche un
blocco di granito. Chi vincera'? In un'ora e mezza arriviamo a
Emigrant lake e dormiamo di fronte a un incantevole lago incassato in
un circo glaciale tutto per noi, senza essere umano nel raggio di
chilometri. Solo uccelli, insetti e scoiattoli. Prima cena sul mitico
fornello con bottiglia nuova: funziona! Funziona nonostante un vento
fortissimo e gelido che ci entra nelle ossa e rapidamente ci spinge in
tenda per la prima notte di wilderness. E che notte! Lucia si bea del
rumore del vento, Lorenzo si appisola verso le cinque proprio a causa
di questo. Che diversita'!

Nota molto positiva: in 9 giorni di cammino non abbiamo incontrato
neanche un rifugio o una strada sterrata o una baita: le uniche
costruzioni (eccetto per le zone attorno alle 2 strade che abbiamo
attraversato) erano i segnavia dei sentieri. Che novita' rispetto alle
Alpi, dove ogni vetta ha il suo bivacco o rifugio o malga o croce! Di
persone non ne incontriamo tantissime lungo i sentieri e nei siti di
pernottamento, soprattutto perche' sceglieremo accuratamente le zone
piu isolate e improbabili sulla cartina: rigorosamente quelle che non
sono menzionate sulla guida. Tranne una notte, abbiamo sempre dormito
vicino a laghi e spesso eravamo le uniche due persone.

La mattina dopo partiamo fiduciosi per una tappa breve e facile, ma
subito riusciamo a renderla estrema sbagliando strada
clamorosamente. C'e' da dire che la cartina non segna un sentiero
molto evidente il quale dopo un'oretta di cammino ci riporta
allegramente al punto esatto di partenza: "Lorenzo, guarda che bello
quel lago. Sembra proprio quello di stanotte". Era quello! Quando
finalmente troviamo il sentiero giusto facendo il punto con la bussola
di Lucia (che non funziona ma e' comunque piu' utile di quella di
Lorenzo rimasta a Boston in un cassetto), abbiamo difficolta' a
seguirlo perche' scompare ogni volta che uno si distrae. Il sentiero
passa per il punto piu' alto che i carri dei pionieri hanno
attraversato nella corsa verso il west (per questo si chiama Emigrant
lake e Emigrant trail). Dal passo si vedono solo montagne montagne e
montagne..... Dopo una discesa su un versante molto selvaggio e
isolato, percorriamo il Summit City Canyon, dove ci sarebbe dovuta
essere una ghost town, ma rimane solo il cartello. E poi alberi e
alberi e alberi in questo solitario fondovalle. Ormai scettici sulla
possibilità di recuperare quota incrociamo il bivio dal quale parte il
sentiero per Fourth of July lake, meta prescelta la mattina partendo
da Emigrant lake nella più totale incosapevolezza sulla distanza tra i
due laghi seguendo i sentieri. Risaliamo quindi il fianco della
montagna e finalmente avvistiamo, oltre la cresta, un incantevole
specchio d'acqua con pareti rocciose verticali dalla parte opposta
rispetto a questa. Il vento è forte e gelido e ci accompagna durante
tutte le fasi della sistemazione del campo e durante la serata nonchè
l'intera nottata. Nonostante questo Lorenzo riesce ad
addormentarsi. Lucia invece ama il vento notturno: fa più wilderness!
Dormiamo come sassi e il mattino dopo partiamo verso Carson Pass. Come
accadrà in tutti i giorni seguenti, scegliamo l'itinerario a seconda
di quanto vogliamo camminare e cercando di arrivare in un posto che
sia il piu' possibile isolato e che sia provvisto di
acqua. particolare di non poco peso decisionale. Da Fourth of July
lake il sentiero sale parecchio fino a una cresta, cambia versante e
si mantiene a lungo in quota. Che spettacolo! Seduti sulle rive di un
laghetto a circa 3100 metri la vista spazia tra nevai, acque
cristalline, alberi contorti e arbusti bassi. Che spettacolo 2!
Soprattutto così tanti alberi al di sopra dei tremila metri di
quota....e poi sotto un cielo di un azzurro intensissimo tendente al
blu. Continuiamo a camminare, ma man mano che ci si avvicna a Carson
pass, punto turistico della Mokelumne wilderness raggiungibile in
automobile, si vede sempre piu' gente. Molto singolare è una famiglia
con un bambino per mano, uno nello zaino della mamma e 2 lama che
portano le provviste: comodo il trekking cosi'!!! Pensiamo a Simone e
Enrica, che ora dovranno pensare a portarsi dietro Matilde: se la
caricano su un lama e' molto piu' facile!! I laghi sono bellissimi, ma
abbiamo fatto bene a dormire a Fourth of July lake che e' il piu'
remoto e decisamente non frequentato da umani tra la sera e il primo
mattino.

Arriviamo a Carson Pass: Lorenzo si fionda nel gabinetto chimico,
Lucia preferisce la natura. Parliamo un po' con i ranger e
intraprendiamo una conversazione con un italiano giunto fin qui in
autostop, forse inseguendo i miti della California; vuole avventurarsi
nella riserva senza acqua e attrezzatura. Il ranger e' molto
preoccupato e, visto che il giovane non parla una parola di inglese,
ci chiede di intervenire per spiegargli che questa zona non e' come le
montagne europee con un rifugio ogni 3 ore di cammino. Confermiamo
pienamente. E Lucia rincara anche la dose spiegandogli il problema
dell'acqua che deve necessariamente essere bollita. Che fine avrà
fatto poi questo strano personaggio non lo sappiamo. Compriamo sei
bottiglie di acqua per risparmiare la benzina poichè l'ebollizione di
tutta l'acqua per bere ha gia' ridotto notevolmente le nostre
riserve. La capacita' termica dell'acqua e' un bel problema in questo
caso! Partiamo da Carson Pass con l'idea e' di raggiungere i Four
Lakes che non sono neanche toccati dal sentiero, ma la nostra
inesperienza della zona ci gioca un brutto scherzo: dalla cartina
sembra un pianoro facilmente attraversabile; nella realtà si tratta di
una vasta palude a graminacee e cyperacee (erba, insomma, per i non
plant ecologists) infestata di zanzare e circondata da rocce e cenge
occupate da conifere. I laghi non si vedono ma ci incamminiamo lo
stesso. Dopo una lunga peregrinazione, Lucia decide risolutamente di
abbandonare l'idea dei Four Lakes e puntare a Meiss lake. Arriviamo a
questo lago pagando il fio di una caduta di Lucia in acqua fino al
ginocchio e una nube di zanzare intorno. Ancora una volta Lucia decide
senza compromessi di puntare al lago successivo, Round Lake. Dalla
cartina sembra piuttosto lontano ma almeno è chiaramente fuori dalla
palude e probabilmente non ci sono zanzare. Essendo le sei e mezza del
pomeriggio e avendo i piedi fradici, Lucia comincia già a sognare il
suo corpo orizzontale, senza scarponi nè zaino. La fatica sarà
pienamente premiata: Round Lake si rivelera' il posto piu' bello di
tutto il trekking. Non che gli altri non lo siano stati, tutt'altro,
ma la fatica di raggiungerlo, la certezza che non ci sono esseri umani
nel raggio di parecchi chilometri, una spettacolare parete di rocce
sedimentarie in mezzo a rocce vulcaniche, be', tutto questo ha reso
Round Lake il luogo più bello della Sierra Nevada per Lu. e Lo. E poi
niente zanzare, niente vento gelido, un meraviglioso tramonto rosso e
infine un cielo stellato fantastico. La Via Lattea rende onore al suo
nome, tanto risalta sullo sfondo perfettamente nero del cielo. Niente
inquinamento luminoso qui, come del resto in tutti (ma proprio tutti)
gli altri punti di pernottamento. E per fortuna e' periodo di luna
nuova.

La mattina indulgiamo parecchio per rilassarci, mentre sopra di noi
volteggia un grande rapace (un'aquila?) che forse ci ha scambiato per
grasse marmotte (soprattutto quel ciccione di Lorenzo). Lucia scatta
mille foto mordendosi le mani per non aver portato con sè il
teleobiettivo, che pesava solo un chilo e occupava circa un terzo del
suo tragicamente piccolo zaino. Nelle foto il rapace risulterà
prevedibilmente solo un puntino nel cielo azzurro intenso. Appena
l'aria si scalda (si fa per dire...) inizia l'operazione bagno nel
lago. Lorenzo il duro vuole dimostrare la sua virilità e perciò si
tuffa a bomba in acqua e come una bomba ne schizza fuori: è gelida! La
mite e flemmatica Lucia invece si immerge pian piano e riesce anche a
sguazzare per parecchi minuti (circa 1 o forse anche 1 e mezzo!). Che
piacere!

Poi si smonta la tenda e si riparte, avendo ancora negli occhi la
guglia rossa di rocce sedimentarie, il lago blu e il rapace. A causa
del girovagare del giorno prima, dobbiamo rifare un bel pezzo di
strada gia' coperto, ma si procede sorprendentemente spediti: la Lucia
ha un passo molto veloce che piu' di una volta mettera' Lorenzo in
difficolta'! (E' solo l'effetto del desiderio ardente di mettersi in
orizzontale senza zaino nè scarponi!!!!!!). Ci fermiamo a pranzo (a
metà pomeriggio: che bello vivere senza orari se non l'alba e il
tramonto!) a Shadow lake, tipico posto tappa segnato sulle guide tra
Carson Pass e Echo lakes e soprattutto a poca distanza dal passo;
infatti e' pieno di tende e persone. Dopo pranzo si riparte. Il
sentiero per la nostra meta finale indica una certa direzione che è
opposta a quello che si vede sulla carta. Dopo aver fatto quasi il
periplo completo del lago senza capire niente del sentiero, un po'
perplessi chiediamo informazioni a due persone a cavallo. I due
vengono da San Francisco e si lamentano di quanto costi mantenere i
cavalli li', fanno l'interrogatorio a Lorenzo su cosa faccia a Boston.
Lei lo riempie di complimenti per la sua posizione (si sarà inveghita
a colpo d'cchio???) e infine l'uomo ci indica la direzione giusta. Si
riparte! Sulla carta è indicata una spianata proprio a ridosso della
nuova cresta: decidiamo di fermarci a dormire li'. Raggiunta la cresta
la percorriamo seguendo il Pacific Crest Trail e sul far della sera
arriviamo alla spianata. Mhhhh, non è una palude ma un prato umido
senza torrenti immissari: no buono! Decidiamo di andare un po' piu'
avanti per trovare l'acqua. Dormiremo nel folto della foresta in
cresta in buio indescrivibile per noi che da tre notti vediamo il
cielo rischiarato dalle stelle. Consumiamo una magnifica cena a base
di pasta al salmone reidratata. Sicuramente verranno gli orsi stanotte
e quindi stiamo attenti a fare un bel sacco anti-orso!! Non essendoci
rocce, come era invece nei siti di pernottamento precedenti, siamo
costretti a sospendere i viveri a un albero. Inizia la saga dei
tentativi di Lorenzo! Lucia si defila, ben sapendo che non riuscirà
mai a lanciare un sasso al di là di un alto ramo senza tirarseli (e il
sasso e il ramo) in testa. Lorenzo il duro, invece, alla fin fine ci
riesce...a tirarsi il sasso in testa ma anche a sistemarlo per bene e
appenderci la sacca. E al mattino...... niente orsi!!!

Il giorno dopo partiamo e arriviamo a Echo lakes; qui arriva una
interstate ed e' perciò un posto molto turistico. Ne approfittiamo per
un bel litro di succo di frutta e due muffin marci al cioccolato e
ricompriamo (in realta' ci regalano) un pieno (mezzo litro) di benzina
per il fornello. Si riparte e, vista la folla, decidiamo per un
laghetto lontano ma isolato. Camminiamo tra le rocce granitiche della
parte meridionale della Desolation Wilderness Area e costeggiamo un
grande lago con una infinità di scogli, ognuno dei quali è dimora di
un albero. Che spettacolo! Ma c'è ancora qualche campeggiatore, mentre
probabilmente sul lago che abbiamo puntato stamattina per pernottare
non ci sarà nessuno. Proseguiamo quindi alla volta di quest'ultimo,
nonostante il gran caldo che fa soffrire Lorenzo e l'intestino di
Lucia che non si vuole proprio dare una calmata. Che tragedia! Non
sono bastati gli attacchi tra Carson Pass e Meiss Lake causati dalle
prugne secche, ora anche qui ad Aloha Lake per effetto di due, dico
due, kiwi un po' maturi! La carta igienica si assottiglia sempre piu',
mentre l'attrito da srotolamento rischia di incendiarla da un momento
all'altro. Dopo il tramonto arriviamo alla meta predestinata, Lake
.......... Spettacolo: un lago di fiordi e al di sopra di essi
montagne di roccia esposta e pochissimi alberi. Dalle montagne
erompono vari torrenti impetuosi: Lorenzo propone di dormire proprio
accanto a uno di essi, così dopo aver gustato nelle notti precedenti
il silenzio totale oppure il silenzio rotto solo dal vento, stanotte
potremo bearci del rumore impetuoso delle acque. E che rumore!
Comunque il luogo merita davvero! E' talmente bello che la mattina
temporeggiamo a lungo e decidiamo infine di provare a fare un
bagnetto. Il centro del lago è irragiungibile a causa di numerosi
fiordi che lo delimitano e optiamo per il torrente, proprio nel tratto
che si immette nel bacino. Acqua gelida, Lorenzo il duro si immerge
più volte ma per pochi istanti mentre Lucia rimane a lungo immersa
fino alla cintola a fare un po' di idromassaggio anticellulite.

E' ormai passato mezzogiorno: Lorenzo non avrebbe nessuna voglia di
partire, ma Lucia scalpita e alla fine partiamo tardi sotto un sole
spacca-tutto. Il tempo fino a questo momento era stato ideale per
camminare ma negli ultimi giorni diventera' molto caldo: niente di
meglio per Lucia che va a energia solare, un po' meno per Lorenzo che
preferisce i climi polari... Per fortuna la santissima Lucia ha
portato la crema solare con fattore di protezione 20 e non abbiamo
scottature. C'è anche il burro di cacao protezione 40 ma Lorenzo si
rifiuta di usarlo. Chissà perché..... Il giorno procede costeggiando
ancora Aloha Lake che anche da questa parte è circondato da formazioni
di granito ed è costellato all'interno da isolette, ciascuna con il
suo albero
. Ci fermiamo disidratati a un laghetto sotto Mosquito Pass
(posto fantastico) e bolliamo tre o quattro litri d'acqua che beviamo
bollente per la sete. Lorenzo si beve anche l'acqua dei piselli in
scatola... Lucia si accontenta dell'acqua calda. Si parte tardi dal
lago, circa alle sei meno un quarto anche se la strada e' ancora molto
lunga secondo la carta, ma il lago che abbiamo puntato per la notte
ispira molto. Quando arriviamo (dopo una salita a trecento all'ora per
riuscire ad arrivare prima del buio) il sole è ormai tramontato, ma il
crepuscolo permette di capire che ci troviamo di fronte ad un lago
splendido tutto per noi. E' talmente bello che l'indomani mattina
Lucia fa una foto da dentro la tenda: se si facesse la foto solo del
lago sembrerebbe una cartolina! In effetti Lucia si diverte a
fotografare più volte anche il lago da diversi punti di vista e con
diverse soluzioni tecniche. Lo spettacolo della montagna che si
specchia nel lago per fortuna rimane impresso in una bellissima foto.

E dopo le foto e una rapida lavata di gambe braccia e ascelle (Lucia)
e gambe braccia e testa (Lorenzo), con il sole ormai alto
sull'orizzonte si riparte seguendo la cresta. Ormai siamo in piena
Desolation wilderness...e si vede! La zona diviene incredibilmente
desolata : solo montagne granitiche intervallate a qualche formazione a
rocce ignee effusive color amaranto scuro tendente al nero. Ancora
laghetti con alberi che non si capisce dove ricevano nutrimento (pochi
centimetri di suolo nelle fessure?). Il paesaggio mette i brividi per
quanto e' nel mezzo del nulla. Purtroppo il laghetto che avevamo
puntato e' troppo lontano: i viveri iniziano a scarseggiare e domani
ci aspetta una camminata molto lunga per iniziare il rientro. Ci
"accontentiamo" di un lago che sembra su un altro pianeta: Lake
........ Quasi non c'e' neanche il sentiero per arrivarci e il
silenzio e' talmente forte che viene voglia di mettersi a fischiare
nel fischietto di emergenza a pieni polmoni. Verso ovest un'alta
parete di granito compatto e quasi monolitico. Verso est, oltre le
rocce e gli alberi, un salto di almeno cinquecento metri sempre di
granito, stavolta senza neanche un albero. Siamo sicuri che almeno qui
vedremo qualche animale selvatico, ma NIENTE. Forse Lorenzo è
diventato troppo bravo a piazzare la sacca antiorso con i viveri...o
forse ormai puzziamo troppo e scappano tutti. Può darsi....

Il giorno dopo si parte con la tappa campale: dobbiamo uscire dal
mezzo del nulla e avvicinarci alla meta finale. Al mattino la giornata
sembra splendida come tutte le precedenti, ci mettiamo in cammino a un
orario decente (le nove e mezza: una conquista rispetto alle undici e
mezza-mezzogiorno di altre mattine!). La discesa è veramente surreale:
la parete di granito che si intuiva a est del lago non è una parete
verticale bensì un declivio alquanto pendente sul quale passa il
sentiero. Sentiero che è solo una serie di omini di pietra in un mare
di pietra. Intorno a mezzogiorno l'aria inizia ad essere molto afosa
(prima foschia e prime vaghissime nubi dopo giorni di assoluto sereno)
e camminare speditamente è piuttosto faticoso. Per fortuna arriviamo a
un lago: mangiamo qualcosa, bolliamo due litri d'acqua e
ripartiamo. Nel pomeriggio incontriamo i sentieri piu' battuti
(Pacific Crest Trail e Tahoe Yosemite Trail) che sembrano autostrade
al confronto di quelli sperduti percorsi negli ultimi due giorni. Si
procede speditissimi, anche perché la foschia scompare del tutto e
l'aria diviene tersa e fresca, e addirittura superiamo la meta
preventivata e arriviamo in un lago bellissimo (non se ne puo' quasi
piu' di laghi bellissimi!!). Ultima sera e ultima notte nella
wilderness. Tenda, corda sul ramo per appendere la sacca antiorso, due
abbondanti litri di acqua bollita che fa da borsa di acqua calda. E
poi ci aspettano gli ultimi due agognati risotti! Lorenzo riaccende il
fornelletto e Lucia sta per aprire le due boste. Accidenti, il
fornelletto non si accende. Stasera non può essere a causa del vento
perché l'aria è immobile. Cominciano le imprecazioni di Lorenzo. Lucia
è molto perplessa. Niente da fare, non si accende. Intuizione geniale
di Lorenzo: non sarà mica finita la benzina????
Controlliamo. Siiiii!!!!!!!!!!!!! Tragedia. Per fortuna abbiamo gia'
bollito l'acqua da bere di cui davvero non si può fare a
meno. Tesaurizzare fino a domani pomeriggio. Ci mangiamo quel che
resta per la colazione dell'indomani: la faremo al lago Tahoe. Ultima
notte di Via Lattea. Che spettacolo! E che dolore ai piedi di Lucia!
Un male indescrivibile causato dagli scarponi. La stanchezza comincia
a farsi sentire.

Il giorno dopo facciamo l'ultima tappa in un paio d'ore invece delle
tre e mezzo che la guida segna e siamo al lago. Invece di aspettare il
bus per 3 ore facciamo autostop e in pochissimo tempo siamo a
Truckee. Che salto! Dalla riserva integrale Desolation Wilderness a
una città che sembra finta perché sorge nel bel mezzo del nulla, ma in
realtà è vera e piena di turisti. Il traffico veicolare è
notevole. L'asfalto nero brucia: era meglio avere il granito sotto i
piedi! Da questa allucintante città parte il Greyhound bus per
Reno. Facciamo appena in tempo a prenderci un mega-iper-super-frullato
(ma per saziarci e rinfrescarci ce ne sarebbero voltui almeno quattro
a testa) e a salire sul bus. Siamo a Reno poco dopo mezzogiorno con
sorpresa nostra e del buon Vincent che gia' si aspettava di doverci
venire a ripescare in capo al mondo a chissa' che ora. Da buoni
consumisti occidentali, appena arriviamo in città entriamo in un
supermercato per comprarci le cose di cui avevamo voglia nel trekking:
Lorenzo si prende un'intera pumpkin pie o torta di zucca e, oltre a
diventare un ciccione, non ne vorra' piu' sentir parlare per il resto
della sua vita; Lucia prende una megamacedonia di frutta fresca già
mondata e tagliata e le banane. Che piacere!

L'appuntamento con Vincent è alle quattro al parcheggio del casinò
Circus Circus. Quando vediamo arrivare la sua macchina, lanciamo gli
zaini nel bagagliaio e saltiamo dentro e...... la macchina non parte
più! Rimaniamo fermi in mezzo alla strada, con macchine roboanti che
ci sfiorano. Sarà la batteria? Noooo, è stata cambiata meno di due
settimane fa! Il genio Lorenzo ipotizza che sia l'alternatore. Così è,
come ci dirà poi l'elettrauto. Ma ora l'importante è come arrivare a
casa: come il giorno dell'arrivo in aeroporto, così anche ora deve
venire Catherine con il pickup a raccattarci tutti, ma stavolta deve
fare due viaggi. Noi ne approfittiamo per un altro giro nei casino' e
puntiamo 50 cents per cercare di vincere una macchina nuova per
Vincent, ma non ci si riesce, mannaggia.


Di nuovo a casa


Al tramonto riusciamo a raccoglierci tutti e quattro a
casa. Fantastica cena messicana di Vincent e poi DOCCIA
BOLLENTE. Finalmente. Il giorno dopo svacco totale, o meglio, bisogna
rimettere a posto tutta l'attrezzatura e il buon Vincent ci mette a
disposizione sia la lavatrice sia l'asciugatrice. Lucia non resiste:
vorrebbe metterci se stessa ma è troppo grande; in compenso ci sbatte
dentro tutta la sua roba e il povero Lorenzo si deve accontentare di
lavare giusto qualche paio di mutande e calze. Progetti per il dopo?
Si vorrebbe andare a San Francisco ma Vincent ci scoraggia parlandoci
della nebbia che avvolge la Bay Area d'estate. In alternativa ci
propone un parco di sequoie piu' vicino: il Big Trees State Park
(California). Lucia ovviamente accetta subito e il giorno dopo si
parte. In realta' sbagliamo strada e passiamo quasi tutto il giorno in
macchina e solo un'ora nel Parco ma ne vale davvero la pena: le
sequoie sono quanto di più maestoso si riesca a immaginare pensando a
creature viventi. Neppure le balene, che Lucia adora, danno un tale
senso di grandiosità. Incredibili.

Il giorno dopo aiutiamo un po' Vincent con i lavori del ranch: creiamo
un nuovo alzabandiera (gli avevamo regalato una nuova bandiera
americana, poiché la sua si era tutta strappata) e gli spostiamo la
mangiatoia dei cavalli: una ruota di trattore enorme. Eh, se non ci
fosse Lorenzo il duro!  Dopo un panino/pranzo prendiamo la macchina e
andiamo a Pyramid Lake armati di antusiamo e kayak. Lorenzo si mette
alla guida della macchina di Vincent che fortunatamente ora funziona e
non ci lascia a piedi. Che emozione: Lorenzo guida una macchina
americana!!!! Peccato che per i suoi gusti e le sue insane abitudini
italiche i limiti di velocità siano troppo bassi per lui! Dopo una
trentina di miglia arriviamo a Pyramid Lake: che spettacolo! Un lago
enorme nel deserto. Siamo a più di millecinquecento metri di quota
(stessa quota del ranch) e sulle montagne solo pochi arbusti. E poi
terra nuda. E un lago. E' davvero surreale questo paesaggio. Tutta la
zona è una riserva indiana e visitiamo un bel centro visitatori creato
e gestito dagli indiani stessi; da questo piccolo museo traspare una
feroce polemica contro l'uomo bianco che li ha spodestati di tutte le
loro ricchezze e del loro modo di vita. Molto interessante. Poi con la
canoa di Vincent facciamo un giro sul lago. Alla sera ci aspetta una
cena succulenta perché a base di carne del barbecue speciale di
Vincent; si mangia talmente tanto e bene che si decide di rinunciare
alla torta comprata da noi per l'occasione. Solo un sano limoncello
digestivo. Vincent e' un cuoco con i fiocchi e controfiocchi: abbiamo
veramente mangiato bene. Purtroppo non si sbottona sulle sue
fantastiche ricette... A Boston proveremo ad emularlo con chili
messicano della busta pronto cuoci: il nostro chili si rivelera' una
pallidissima pseudo-imitazione che probabilmente Vincent non
reputerebbe adatta neanche per Dixie e Sierra Rose, i cani del ranch.

L'ultima notte di silenzio totale e poi si parte per tornare a
Boston. Prima della partenza, Vincent ci tiene molto a farci rivestire
in tema. Che ridere: Lucia che fa la cowgirl (e in barba a tutti i
suoi principi morali si fa fotografare brandendo pistola e cinturone,
ma ci tiene a precisare che la pistola non la tocca neppure), mentre
Lorenzo si veste da Kit Carson e prova a sparare con una pistola colt
ad avancarica: 4 centri su 6 colpi. Quando il gioco si fa duro i duri
cominciano a giocare: Terence Hill non e' nessuno al confronto!!!!